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CALENZANO E LA VAL PERINO

Pillole di storia della Val Perino e del circondario di Calenzano nel comune di Bettola ( Piacenza)

Appennino Ligure-piacentino.

Calenzano di Bettola, località posta a 747 mt sul livello del mare, negli appennini liguri-piacentini, affacciata ai piani di Aglio nei pressi delle splendide cascate del torrente Perino, torrente (anticamente detto Prino) che dà il nome alla valle dove esso scorre, nascendo dai monti di Pradovera (Farini) e terminando il suo corso nel fiume Trebbia; valle quella del Perino dalla suggestiva ambientazione naturalistica ricoperta da boschi di roveri, faggi e carpini, valorizzata da antichi oratori e rimanenze di castelli che per la maggiore facevano parte del sistema difensivo della famiglia più potente di Val Nure i Nicelli, un contesto storico e naturalistico unico nel panorama appenninico. Geograficamente sul versante est predomina il monte Osero (1300 mt) circondato da pinete con acque sorgive; sul versante ovest nel comune di Coli il monte Sant’Agostino (1256 mt) il monte Capra (1310) Poggio Alto (1217 mt), monte Gonio (1125 mt), monte Belvedere (1052 mt) e monte Armelio (903 mt). Convalle quella del Perino collocata tra le maggiori valli di Nure e Trebbia in provincia di Piacenza. La parrocchia di Calenzano, volgarmente detta “Val di Prino” come ci scrive il cartografo e capitano Antonio Boccia nel 1805 nei suoi Viaggi ai Monti di Piacenza” era abitata da 401 anime, il suo territorio è lungo tre miglia e mezzo e largo due e che vi era un mulino detto di “Riano” (attualmente Riè) posto sulla destra del “Prino”; questo macinava colle trombe mercè la caduta artificiale delle acque, che vi erano condotte per un canale di legno. Aggiungeva che le acque del Perino ovunque cadevano lasciavano un’incrostazione calcarea e di strati di di carbonato di calce, all’opposto dei monti della sinistra al di là della chiesa di Pradovera, il nucleo de’ quali è dappertutto di roccia ferruginea. Il comprensorio di Calenzano è formato da Calenzano fondo, Piccoli, San Boceto, Palazzo Guglieri, Castello d’Erbia e gli Zini. La preistoria di questa convalle appenninica del Perino è molto simile a quella delle valli attigue di Trebbia e Nure che ci raccontano di ritrovamenti di materiali archeologici come ad esempio i bracciali in lamina di bronzo e armille recuperati nella non lontana zona di Pradello Colombo (nel comune di Bettola) i quali ci rimandano ad un antichissimo popolamento con aspetti culturali accostabili alle culture centro-italiche, cioè una particolare cultura detta del bronzo occidentale o di montagna facente parte dell’ ethnos ligure che si differenzia profondamente da quello che l’ambiente terramaricolo della pianura emiliana occidentale ; un’area questa la quale sarà interessata ed occupata in età preromanica e romanica dalle tribù degli antichi liguri, quindi alla formazione di un’identità spiccatamente e culturalmente antico-ligure. La zona era prevalentemente occupata in varie fasi dalle tribù liguri degli Ilvati, Veleiati (furono i fondatori di quella che poi diventerà Veleia Romana) e Bagenni. Con la successiva romanizzazione e popolamento in età romana sappiamo ad esempio dalla Tabula Alimentaria di epoca traianea che tutta questa zona appenninica tra val Nure e val Trebbia faceva parte dell’Ager Veleias una vasta area facente capo al municipium romano di Veleia, divisa tra i pagi (circoscrizioni romane minori) Domitius, Albensis,Junonius, Ambi Trebius, Bagennus. Calenzano è un toponimo prediale, formato dal gentilizio romano più il suffisso di proprietà “ Anum” che indicava la proprietà fondiaria a carattere individuale, quindi la probabile esistenza in loco di fattorie romane che era lo schema base romanico esistente in tutta l’Italia padana e cioè a popolamento sparso basato sullo sfruttamento agricolo del territorio attraverso unità poderali non eccessivamente estese. Questa presenza di fattorie romane nella zona di Calenzano, unità alla presenza a ridosso del crinale val Nure-val Perino nella zona dei Buzzetti (passo del Cerro) di quella che era una antica fornace romana per la cottura dei mattoni, ci indica che in loco vi era un’antica rete viaria stradale atta a reggere al passaggio di pesanti carri di materiali (mattoni-pietrame-legname) e che fungeva da collegamento transappenninico direzione est-ovest tra le attigue valli di Nure e Trebbia. Reti stradali che si innestavano sui tracciati principali che risalivano le vallate principali (Trebbia-Aveto-Nure) andando poi verso il golfo del Tigullio nella odierna Liguria; assi viari che saranno poi usati anche in epoca medievale quali direttrici di scambi commerciali tra la costa ligure e la pianura padana prendendo il nome a seconda da dove la si percorre di via del pane o dell’olio. Fin dall’epoca longobarda la gran parte del territorio bettolese fu una pertinenza monastica dell’abbazia di San Colombano di Bobbio, il cui possedimento della corte di Calenzano si estendeva anche in Val Nure, possedimenti i quali erano inseriti nel grande feudo reale ed imperiale monastico bobbiese. La corte monastica di Calenzano era gestita da due livellari del monastero ed altrettanti massari; le terre erano coltivate a grano, vigna, e pascolo. Al suo interno si trovava la domus coltilis del borgo con i beni dello xenodochio (ospizio per i pellegrini) che svolgeva anche la funzione di ospitale nelle articolazioni e reticoli della via degli Abati (antico cammino monastico-militare che univa Pavia capitale longobarda a Bobbio innestandosi poi nei cammini verso il centro Italia e Roma). All’interno della corte di Calenzano sono citate in territorio di Bettola le celle monastiche di Ebbio Missano, Murlo, Recesio e Borgo San Bernardino, Spongiola. Attorno all’anno mille molti possedimenti e castelli risultavano dipendenti dal monastero di San Savino, tra cui anche il castello scomparso di Calenzano di cui non resta traccia, ma siamo a conoscenza della sua esistenza da un atto del 1132 di Papa Innocenzo II il quale confermava il possesso del castello e delle sue pertinenze alla chiesa di San Savino di Piacenza; tale possesso ebbe una successiva conferma da parte del pontefice Alessandro III. Nel 1269 Calenzano fu occupato dal comune di Piacenza e come altre località vicine tra val Nure e Val Trebbia in questo periodo storico risultava nei possedimenti della famiglia dei Balbi, ma fu controllata a lungo anche dai Landi, nella fattispecie da Umbertino. Con l'arrivo nel 1365 di Lancillotto Nicelli il castello di Calenzano e gran parte della Val Perino passarono sotto l'influenza della potente casata valnurese dei Nicelli; casata la quale affermò il predominio di questa porzione appenninica con la costruzione del castello d’ Erbia, (di cui parleremo più approfonditamente in altra sede) il castello di Villanova, la torre di San Giovanni nei pressi della località dei Bacchetti lungo attuale strada che collega Bettola a Perino. da ricordare tra gli esponenti più illustri del ramo dei Nicelli d’ Erbia Francesco (fece edificare il castello di Erbia) ed il fratello Perino, il quale dette il suo nome all'attuale amena località di Perino ed alla sua omonima valle; insieme i due esponenti nicelliani menzionati cercarono di unificare tutta la val Perino in un unico feudo senza però mai riuscirci. Questa zona della Val Perino comunque rimase fino verso la fine del 1600 nella sfera di influenza della casata gentilizia nicelliana, venne poi contrastata da una famiglia emergente i Guglieri rappresentati dal Palazzo omonimo, un vasto complesso padronale nei pressi di Calenzano. Contrasti tra i due clan nobiliari che giunsero al culmine quando nel 1688 dopo un accordo susseguito a decenni di cause e sentenze ad essere i padroni unici del castello d’Erbia. In Calenzano troviamo la chiesa dedicata a San Lorenzo Martire e comunemente detta di “Val Perino” le documentazioni ci raccontano che nel 1499 era retta da Domenico Piccoli. Successivamente nel 1609 la chiesa di impianto medievale venne distrutta, fu poi ricostruita nel 1670. La torre e la facciata sono del 1905, l’interno a croce latina con cappelle laterali decorate da stucchi e affreschi barocchi. In prossimità del torrente Perino a breve distanza da Calenzano troviamo l’antico mulino di Riè e le spettacolari e suggestive cascate omonime con straordinarie stratificazioni calcareo - marnose. Nel borgo di Calenzano (Calenzano fondo- Piccoli di Calenzano) si osservano alcuni edifici molto interessanti tipici della civiltà contadina e della ruralità del luogo, di grande interesse tipologico, esaltati poi da alcune spiritelli che sovrastano i comignoli sovrastati da figure che ricordano la profonda radice pagana che permeava prima dell’arrivo del cristianesimo il nostro appennino, radici che ci riportano ad antichissimi riti magico- religiosi, di natura apotropaica, culminanti con la rappresentazione della testa del Giano bifronte, riportandoci ad ancestrali teogonie di natura romana e preromana. Ai Piccoli di Calenzano è da segnalare l’elegante oratorio dedicato a San Rocco, del XVII sec. ed un’antica casa-forte. Nel 1832 quando questi territori erano compresi nel Ducato di Piacenza e Parma a Calenzano si contavano 346 abitanti, ora ai giorni nostri sono rimaste poche decine di persone, effetto di decenni di emigrazione e spopolamento dell’appennino che qui come in molte altri valli appenniniche ha portato tante persone in una sorta di diaspora in Italia e nel mondo. Qui come altrove ogni famiglia ha storie di emigrazione da raccontare, anche l’umile scriba dedica questo scritto ai nonni materni Bensi Clementina e Malvicini Luigi la nonna di San Boseto il nonno dei Piccoli di Calenzano, in particolare poi a Clementina, la quale emigrò nel 1905 a New York sempre viva nei miei ricordi.























 

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