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STORIA DELLA VALNURE

La Val Nure, un concentrato di geo-biocenosi, con un tessuto storico-culturale che affonda le sue radici nella notte dei tempi, testimoniato da millenni di storia, terre di antiche tribù liguri, di romani, terra di faide, di sangue, terra di antiche vie commerciali, di mercanti, della Magnifica Università di Val Nure, di civiltà contadina ma anche di Briganti, contrabbandieri, terra di emigranti e navigatori terra di gente operosa mai domata dal potente di turno, così amante della libertà fin quasi da rasentare l'anarchia; caratteristiche che nei secoli hanno plasmato questa valle dandole un profilo unico irripetibile; La storia umana della Val Nure forse inizia oltre 30mila anni fa, dove sono stati ritrovati i resti di un focolare di un accampamento di cacciatori-raccoglitori, scoperta fatta a Cassimoreno di Ferriere. oppure sul monte Zucchero che sovrasta l'abitato di Montosero di Bettola, dove si trovava molto probabilmente un sito protostorico collocato lungo lo spartiacque Nure-Perino-Trebbia con ritrovamenti riferibili all'età del bronzo. Oppure anche altri ritrovamenti verso la fine del 1800 a Costa di Pradello Colombo di diverse armille che confermano l' appartenenza in quei tempi di questo settore dell' nostro appennino all' Ethnos ligure. In epoca preromanica la valle come le altre vallate piacentine erano occupate da tribù di antichi liguri nel nostro caso gli Ilvates ed i Veleiates ( fondatori della città di Veleia); grazie poi al ritrovamento della Tabula Alimentaria di epoca traianea sappiamo dell'esistenza di una rete di fondi agricoli ed insediamenti abitativi degli antichi romani i questi territori, evidenziati anche dal ritrovamento di diverse fornaci per la cottura dei mattoni, nella Val Nure non dimenticando lo sfruttamento delle miniere di ferro nel luogo che poi diventerà l'abitato di ferriere. Poi passarono Goti e Bizantini, e proprio nell'alta val Nure correva il limes tra di loro ed i Longobardi che favorirono verso la fine del loro dominio italico l'evangelizzazione dei nostri appennini grazie al cenobio monastico di San Colombano ed il monastero di val di Tolla; Evangelizzazione che portò la nascita di diverse pieve rurali in valle: Centenaro, Revigozzo, Carmiano, Cassano, in particolare le prime due fecero da volano economico e religioso per la media ed alta Val Nure. Arrivarono anche i Franchi che sconfissero i longobardi; iniziarono poi a sorgere in valle case-torri e castelli e le antiche vie romano/liguri di comunicazione, furono di nuovo riutilizzate, nacquero la via del pane, la via dell'Olio e degli scambi commerciali con la Liguria con carovane di mulattieri che scendevano e risalivano la valle con i carichi di merce, spesso vittime di assalti di briganti e contrabbandieri. Una nobile famiglia forse di origine franco/longobarda inizio ad emergere dopo le devastazioni avvenute in Val Nure da sempre di fazione guelfa ad opera di forze e famiglie ghibelline, assistiamo nel IV all'ascesa del clan dei Nicelli che per secoli saranno i signori quasi incontrastati della valle, e con essi inizieranno le faide sanguinose che li vedranno opposti al clan dei Camia, entrambi con i loro rispettivi clan alleati( Scribani-Cavalli-Colombi - Cavanna ecc). Nel 1441 nacque in valle sotto il dominio visconteo una particolare ed unica comunità: La Magnifica Università di Val Nure, un istituzione che fu concessa ai nostri valligiani ed ai nobili locali che permetteva alle genti rurali di avere un autonomia fiscale e legislativa rispetto sia al comune di Piacenza che al potere visconteo. Un Istituzione che univa 38 tra comuni e comunelli della valle, formando un comune federale che andava ben oltre i limiti geografici della nostra Val Nure. E come non ricordare la Val Nure quale centro religioso, specie dopo l'apparizione della madonna della Quercia nel 1496 sui colli di Bettola e che diventerà poi in seguito patrona dell'intera valle. Val Nure terra anche di grandi navigatori, la narrazione della tradizione colombiana che permea da secoli il nostro territorio e che vede Pradello Colombo forse come culla della famiglia del grande navigatore, senza dimenticare il suo illustre suocero Bartolemeo Perestrello grande navigatore e cartografo. la Val Nure vide a metà del 1600 predicare sopra i sassi del torrente Nure uno dei più grandi oratori di quel periodo il gesuita Padre Paolo Segneri che raccolse in preghiera migliaia e migliaia di fedeli proveniente da ogni dove e purtroppo nello stesso secolo vide passare anche le scorribande di soldataglie spagnole e lanzichenecche per l'arroganza di qualche rampollo di casa Farnese che portarono morte e distruzione in tutta la valle. Gente povera quella della Val Nure specie la fascia montana tra Nure e la Val Tolla (toponimo indicante le alte valli del Chero e dell'Arda) fù interessata per secoli al contrabbando di queste merci che si esplicavano a spalla o più frequentemente a dorso di mulo attraverso i valici appenninici. I famosi "sfrasador" o "Spallaroli" come venivano chiamati i contrabbandieri risalivano i passi del Crocilia o dello Zovallo verso la Val D'Aveto, oppure utilizzando un altra via attraverso il passo del Pelizzone diretti a Bardi e quindi nello sfogo naturale della Lunigiana. Principalmente dalla Val Nure trasportavano ferro, carbonella, frumento, melica, mentre dalla val d'Arda bestiame e cereali; Di contro invece dalla costa ligure ritornava verso le valli piacentine: olio, sale, spezie, tabacco, e pesce secco. Le varie autorità tentarono di arginare questi fenomeni di contrabbando e a volte di brigantaggio e banditismo ma sempre con scarsi risultati la povertà endemica imperante dei nostri appennini era la condizione stessa dell'origine di tutto questo. Quando poi arrivarono gli editti napoleonici, ci fù un autentica rivolta nel 1805 contro una legge che imponeva la ferma obbligatoria nelle truppe francesi alle popolazioni maschili locali, ma anche questo nuovo principe: Napoleone si perse nei nostri appennini, infatti molti valligiani si ribellarono molti di essi andarono sul patibolo con il cappio al collo, ma alla fine riuscirono ad evitare di sottostare all'ennesimo monarca straniero. La burocrazia e le leggi napoleoniche riuscirono però a cancellare quattro secoli di storia della Magnifica Università di Val Nure riformando l'impianto stesso del territorio dando forma nel 1878 a nuove realtà comunali come a Bettola e a seguire poi in tutto il resto della Val Nure. Poi il modificarsi delle condizioni storiche e socioculturali, imposero specie nel nostro appennino una nuova forma di sopravvivenza forse per certi aspetti ancora più dolorosa e di insofferenza contro la condizione di povertà : L'emigrazione verso grosse città italiane e soprattutto verso l'estero, un fenomeno che è durato quasi un secolo e che ha segnato profondamente la genesi delle nostre vallate piacentine favorendo lo spopolamento delle nostre montagne proseguito anche negli ultimi decenni, evidenza tuttora sotto gli occhi di tutti noi.

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Il rapporto tra Bettola, la Val Nure e le progettazioni dell'Ing. Ferroviario e civile Giuseppe Manfredi. ( 1853-1912)

Bettola capoluogo della Val Nure fin dal lontano 1500, nella definizione toponomastica diventò solo tale quando dopo secoli di divisione le due borgate bettolesi, San Giovanni e San Bernardino furono unite sotto un unico comune nel 1878; il nuovo comune nei suoi primi anni di vita si chiamò Borgonure per poi diventare definitivamente appellato con il nome di Bettola. Uno dei simboli che ancora oggi possiamo vedere di questa unificazione comunale fu certamente la costruzione dei palazzi civici ideati e progettati dall' Ingegnere civile e ferroviario Giuseppe Manfredi, piacentino benemerito, il cui nome è legato ad altre numerose opere pubbliche realizzate sotto la sua direzione. Il collaudo degli attuali palazzi civici comunali, bettolesi avvenne agli inizi del 1889 alla presenza dell'allora sindaco Vincenzo Prati, l'edificio fu anche sede delle scuole comunali; un palazzo realizzato in stile neoclassico che negli anni subì cambiamenti sia estetici che di utilizzo, ma che non fu mai stravolto nella sua originaria struttura. Giacomo Manfredi nacque a San Nicolo' a Trebbia nel 1853 da una famiglia di umili origini, morì il 2 novembre del 1912, fu sindaco di Piacenza nel 1904 e 1909 e più volte deputato, si laureò in ingegneria a Zurigo grazie a delle borse di studio, ed alla sua spiccata intelligenza; tra le opere progettate si ricordano la ferrovia Piacenza-Bettola nel 1878, ( realizzata nel 1882 dalla società " The Piacenza-Bettola and Cremona Tramway Company limited istituita due anni prima dall'ingegnere Robert Fowler Mackenzie) le prime due vaporiere in servizio su questa linea furono battezzate " Giacomo" e "Giuditta" omaggio di Manfredi ai suoi genitori. Seguirono altre progettazioni ferroviarie estese per 237 km, la Piacenza-Pianello,la linea per Cremona, la Piacenza-Carpaneto, la Lugagnano-Castelvetro, ecc; poi il primo impianto di acqua potabile per la città di Piacenza dalle sorgenti del Vescovo sulla sinistra del Nure, il macello pubblico, il mercato coperto (al posto della chiesa di San Gervaso) asili, scuole, (La Giordani in primis) lo chalet della Vittorino. nel 1880 per iniziativa della Società dei Negozianti ed industriali, predispose un progetto di atterramento e ricostruzione edilizia del quartiere di Cantarana per il risanamento di abitazioni fatiscenti, per la costruzione di fognature in sostituzione dei canali urbani, per la costituzione di un ente per le case popolari. Fu anche pioniere dell' introduzione della coltura della barbabietola da zucchero nel piacentino e fondatore insieme al sarmatese Rocco Chiapponi dell'ex zuccherificio di Sarmato. Manfredi fu anche insegnante di matematica e presidente nazionale degli ingegneri ferroviari ebbe notorietà in Italia ed all'estero Il Presidente del Consiglio dell'epoca Giovanni Giolitti commemorò la sua scomparsa nell'aula del Parlamento. Manfredi uno studioso che da piccolo camminava ogni giorno da San Nicolò a Piacenza per seguire gli studi, fedele agli ideali di lavoro, rettitudine e raggiungimento degli obiettivi; menti aperte e moderne che seppero aprire il nostro territorio verso il futuro e che forse anche per questo andrebbero maggiormente ricordate.

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Ci fu un tempo in cui FERRIERE si chiamava REATE NUOVA.

Nell'attuale comune di Ferriere, lungo il corso del torrente Nure, tra l'area geografica che era occupata dalla Magnifica Università di Val Nure ed il crinale appenninico sud-occidentale controllato dai marchesi Malaspina di Mulazzo, sorgeva Centenaro, ( sede anche di una antichissima Pieve) la quale era una villa separata dal resto del Comune Federale di Val Nure, benchè il paese fosse a tutti gli effetti compreso in valle, ed il toponimo di Ferriere stava ad indicare una ampia zona della Alta Val Nure dove si estraeva e si lavorava il metallo, fin dall'epoca dei romani e dove era attivo un centro minerario che fu abbandonato poi nell' alto Medioevo; le cose cambiarono intorno all'anno Mille e nei secoli successivi in quanto le mutate condizioni financo a livello europeo indussero i governanti dell'epoca a riaprire numerose miniere per una forte richiesta di metallo, tra le quali anche alcune del comprensorio dell'alta Val Nure, dove era molto facile procurarsi il legname utile ai forni per le colate data la grande estensione boschiva della zona. Ma la sferzata decisiva alla riattivazione del centro minerario arrivò con l'avvento degli Sforza duchi di Milano, dopo che le guerre con la Repubblica di Venezia avevano tolto ai milanesi le miniere lombarde di ferro di Brescia e Bergamo. Prima dell'arrivo degli Sforza la Val Nure era fin dai primi decenni del XIV secolo nelle mani dei Visconti anch'essi furono duchi di Milano, ma non mostrarono eccessivo interesse allo sfruttamento economico delle miniere ferrieresi. L'attuale Ferriere nacque con il nome di REATE NUOVA ( o anche Ariate) con la quale Tommaso Moroni (consigliere e commissario ducale sforzesco) la battezzò così in omaggio alla sua città nativa laziale Rieti. Il Moroni ( detto anche Tommaso da Rieti) nel giugno del 1460 fu infeudato dal Duca Francesco Maria Sforza, delle località di Centenaro, appartenente all'episcopato piacentino, Cerreto, Casaldonato, e Rocca ( nel 1471 anche di Groppallo e Grondone, ma la forte reazione del clan dei Nicelli e dei homines di Val Nure ottenne che l'anno successivo il duca revocasse queste infeudazioni) e la licenza di cercare qualsiasi tipo di metallo nel piacentino. Inoltre Tommaso Moroni da Reate ( o Tomaso Ariate) ottenne anche il permesso di potere costruire una fortezza in Val Nure, ( Castello di Reate-Ferriere) beneficio che gli fu concesso in quanto a dire della burocrazia sforzesca la valle era "popolata da homini senza ragione" ed una rocca sarebbe servita per tenere a freno le genti ribelli del contado. Nel 1461 poi Tommaso Moroni ricevette ulteriori privilegi quali il monopolio di vendita del pane, del vino, della carne, più altre importanti esenzioni in campo minerario e delle " Trate delle biade", in quanto le gerarchie sforzesche gli riconobbero gli ampi miglioramenti apportati alla zona mineraria dell'alta val Nure, in particolare all'aumento degli abitanti richiamati insieme alle maestranze lavorative attratte dalle attività lavorative dirette ed indirette delle miniere che in particolare confluirono e costruirono nuclei abitativi seppur modesti tra il torrente Grondana ed il Nure. Nel 1471 gli impianti di sfruttamento minerario comprendevano diversi forni da ferro crudo oltre 6 magli, una sega ad acqua, mantici e diversi canali. Il forte sviluppo demografico associato alla filiera lavorativa dei metalli diede l'impulso allo sviluppo della villa di REATE NUOVA che venne separata dalla giurisdizione di Piacenza, sia per le questioni civili che penali, ed il Moroni assunse il titolo di Conte di Reate. In quegli anni almeno i primi della gestione Moroni, il rapporto con i Nicelli non fu particolarmente conflittuale in quanto la più potente casata di Val Nure non era particolarmente interessata alle miniere mentre invece furono di tutt'altro tenore le reazioni dei clan dei Fieschi posti nella Lunigiana e nel ligure, tali da provocare nel 1467 una spedizione punitiva delle truppe sforzesche al comando del Moroni nei territori dei Fieschi. Tommaso Moroni nonostante l'iniziale successo nella creazione di Reate ( ferriere) e della gestione delle ferriere che durò una quindicina di anni, fu sempre un corpo estraneo alla valle privo di veri legami con la realtà rurale in cui viveva, non mise in campo praticamente alcun controllo del territorio, non ebbe la capacità di utilizzare lo strumento della podesteria, sui poteri giurisdizionali e sulle esenzioni fiscali ricevute per creare una vera signoria, e neppure tentò di ostacolare i traffici commerciali legali e non dei valnuresi, limitandosi al mero sfruttamento minerario e finanziario per altro di poco profitto, ma in fondo lui era un uomo di lettere e diplomazia, forse poco avvezzo a gestire questioni di valle a lui molto distanti. Dopo diversi tentativi e la creazione di numerose società per lo sfruttamento minerario di quello che in pochi anni soppiantando il toponimo Reate verrà chiamato " Leferere " e a seguire Ferriere, nel 1475 le magistrature sforzesche dichiararono fallimentare la gestione del Moroni, quindi ottenne dal duca la licenza di alienare Reate e le sue ferriere ad un suddito sforzesco e da lì altri passaggi con attori diversi tutti uniti dal filo conduttore di scarsi profitti e mala conduzione dell'attività mineraria, fino ad arrivare alla conduzione diretta del governo ducale milanese, poi ai Landi di Bardi, quindi ai Nicelli, che cedettero le miniere all'epoca del potere farnesiano, il quale diede nuova linfa ed impulso alla zona mineraria di Ferriere. Tommaso Moroni poi cadde in disgrazia agli occhi del duca di Milano ed oberato dai debiti fuggì nel bergamasco, venne poi convinto con uno stratagemma a rientrare in territorio sforzesco, fu catturato e rinchiuso nella fortezza di Alessandria dalla quale non ne uscì più vivo. Moroni fu forse una meteora nel contesto storico dell'alta Val Nure, infatti del toponimo Reate, e del suo conte neanche forse a Ferriere molti si ricordano, una valle la nostra che sempre a mal sopportato poteri estranei alle genti di Val Nure.

Testi di Roberto Boiardi.

Rif bibliografici: FERRIERE

Il racconto di un territorio dal

fascino senza tempo.

TEP Edizioni d'Arte - Piacenza.

Edizione a cura della Pro Loco di

ferriere.

Nascita di un disordine una famiglia signorile e una valle piacentina tra XV E XVI secolo.

di Daniele Andreozzi.

Groppallo e la sua chiesa una storia unica.

di Claudio Gallini

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