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TRIBÙ LIGURI

CULTI NATURALISTICI E TRIBU' LIGURI NELL' AREA VELEIATE PRE-ROMANA. (appennino ligure-piacentino)

Nell'area veleiate pre-romana che si identificava culturalmente nel nomen ligure e territorialmente si estendeva dalle valli della Trebbia fino al Taro era praticato il culto dei geni delle acque, considerati guaritori e purificatori, cioè l'essenza divina nelle più semplici manifestazioni della natura, secondo un espressione che si riconnetteva al culto della madre-terra, in un collegamento tra il sole e le acque con poteri curativi; alla alla rarità delle testimonianze epigrafiche sulla diffusione del culto delle acque supplisce almeno parzialmente la toponomastica che permette di comprendere l'estensione di una determinata divinazione che essendo personificate in fonti e corsi d'acqua, ed altro, richiamano attraverso i nomi dei luoghi l'esistenza di un culto particolare, basti pensare ad esempio ai suffissi: alb/albis/ albion appartenenti al substrato ligure. Oppure delle teogonie molto antiche basate su culti di maggior diffusione come il Dio-Numina Bormanus ( Borman nella forma non latinizzata) dal doppio significato e valore, di sole ed acqua ( Borm termine paleoligure dal significato e valore di sorgente di acque calde). Anche gli Dei liguri di culto più limitato come Rubacasco e Robeone si possono considerare delle teogonie perchè si tratta di divinità topiche legate a forze naturali, i loro nomi ci sono pervenuti attraverso un' ara a loro dedicata e rinvenuta in un laghetto presso Demonte in valle Stura, ad oggi conservata al Museo Civico di Cuneo; gli stessi dei inoltre possono essere associati al nostro territorio ed al culto degli alberi attraverso la Tabula alimentaria Veleiate; infatti essa riporta il nome del saltus Rubacastus e del fundus sive saltus Rubacotius ( terreno selvoso usato anche come pascolo) riferibili ad una fascia boscata tra Val Nure e Val Trebbia (pagus Bagiennus- Bobbio) in quello che era il pagus Domitius ( Bettola e Media val Nure) e sui cui insiste l'antica Pieve di Revigozzo. Quindi le due divinità Rubacasco e Robeone oltre ad essere adorate nella nostra valle lo erano presumibilmente in tutta l'area veleiate; Altresì è ipotizzabile che nei boschi e prati compascui di norma posti sui crinali montani di confine come ad esempio la fascia boscata tra Val Nure e Val Trebbia, le varie tribù, nel nostro caso i Bagenni ed i Veleiati o Ilvati le utilizzassero ad uso promiscuo sia per pascolo, sia per recuperare legname o altro, ma anche per praticare riti propiziatori comuni.

Considerato poi che la tribù dei Bagenni che aveva la propria culla di origine nel basso Piemonte occidentale tra la Val Stura e la Val Tanaro, fu costretta a spostarsi verso nuovi territori dove vivere poiché al tempo era pressata dalle tribù galliche in particolare dai Galli Boi, i Bagienni quindi si spinsero fino in Val Trebbia nella zona di Bobbio dove fondarono un loro centro, che in epoca romana divenne sede del pagus ( circoscrizione territoriale rurale) Bagienno sotto il municipio di Veleia nella regione romana di Liguria. Possiamo forse tentare di affermare confortati dagli elementi sopra esposti che i Bagienni abbiano portato nelle nostre vallate il culto topico degli Dei-Numina Rubacasco e Robeone ( in virtù del ritrovamento dell'ara votiva a loro dedicata in Valle Stura) e che queste antiche genti liguri si trovassero in aree sacrali comuni dove poterli adorare. Con l'avvento della romanizzazione molti Geni locali o Numina Liguri o Celto-Liguri non furono cancellati, ma spesso vennero mantenuti o trasformati ed integrati alle divinità romane o semplicemente trascritti con il nome in latino, potremmo citare per stare nel nostro ambito provinciale piacentino legati al culto delle acque, nella bassa Val Trebbia presso Travo il tempio che era dedicato a Minerva Medicea protettrice della salute pubblica, complesso sacro-termale presso il quale si recavano molti romani provenienti da varie parti dell'Impero. Oppure le Ninfe eredi di quei Geni liguri senza nome che popolavano le acque e i boschi, che furono particolarmente care ai romani; proprio da Veleia ci perviene un offerta a loro dedicata ( in questo caso ci si riferisce alla Naiada, ninfe delle sorgenti) da un magistrato municipale romano del I sec. d.C ( L. Granius Priscus); si tratta di una fontana della quale resta solo un tondo di marmo venato di Carrara. Esso riporta la dedica alle ninfe ed alle forze della natura che scaturiscono dalla terra; infatti è opinione comune che uno dei motivi che ha portato a Veleia prosperità fosse stato proprio il suo legame con le acque solforose o saline con proprietà terapeutiche, non per nulla era conosciuta in epoca romana per essere l'oppidum romano con il maggior numero di centenari in vita. Tornando al sito della Pieve di Revigozzo ( Bettola) per quanto esposto si può tentare di abbozzare che in un lontano passato vi fosse ubicata in epoca pagana un'area sacrale protostorica posta su antiche vie, di comunicazione in cui avveniva l'associazione delle divinità con il culto delle acque, e che ci fu continuazione religiosa seppur in abito cristiano con la dedicazione della Pieve a San Michele ed al culto micaelico; aggiunta poi la tradizione che vuole che su quel poggio, anzi sul sito stesso della chiesa sorgesse un tempio paleocristiano nel quale si trasportavano i feretri dei neofiti ( nuovi cristiani battezzati) di tutta la valle del Nure per essere deposti in luogo sacro. Piace pensare che in questo luogo di culto cristiano, attira l'idea che ci sia stato un passaggio indolore e naturale in tempi lontani dal culto agli Dei Numina liguri ad un battistero paleocristiano con l'adesione a Cristo.

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