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EMIGRAZIONE E COLONIZZAZIONE DEGLI ITALIANI IN LIBIA.

FEDERICO CORDANI: PARTIGIANO E PROFUGO LIBICO

Uno degli aspetti forse meno conosciuti in merito all'emigrazione degli italiani all'estero fu sicuramente la colonizzazione della Libia che ovviamente presenta caratteristiche e peculiarità profondamente diverse da altri paesi esteri, e comunque anche da quelli del Maghreb, sia in primis per consistenza numerica di questo fenomeno, sia soprattutto anche perchè la Libia fu colonia italiana occupata nel 1911 chiamata la cosiddetta "quarta sponda". Certo parlare di Libia ai giorni nostri come luogo da cui schiere di disperati cercano di sfuggire alle guerre, alla miseria, alle carestie alla ricerca forse di un futuro migliore purtroppo è di stretta attualità, ma storicamente fu anche meta in tempi passati di italiani che oltre un secolo fa aldilà della retorica del regime fascista che a partire dal 1926 cercò di reindirizzare l'emigrazione italiana verso la penisola italica e le colonie di oltremare evocando il concetto di "potenza demografica" e di missione civilizzatrice di quelle lande desertiche, andarono semplicemente a cercare condizioni di vita migliori in un territorio quello libico in cui praticamente a livello strutturale non esisteva quasi nulla, tutto questo a prescindere e senza entrare nel merito delle guerre coloniali italiane in terra d' Africa. Sostanzialmente la Libia si divideva in tre regioni, la Tripolitania, Cirenaica e Fezzan e pochi furono gli italiani all'inizio che si stabilirono in territorio libico preferendo in molti casi come destinazione la Tunisia, ma dopo la pace di Losanna del 1912 seguita alla guerra italo-turca ci fu un inversione di tendenza con molti italiani che partendo dalla Sicilia ( ma anche da altre regioni italiane) approdarono alle coste libiche. Molte furono le opere civili fatte dagli italiani come ad esempio la via Balbia una litoranea che collego' il confine tunisino a quello egiziano; scavarono pozzi alla ricerca di un prezioso bene come l'acqua per favorire l'avvento dell'agricoltura, ( infatti si trasferirono anche molte famiglie contadine) ricercarono il petrolio, costruirono edifici , villaggi , chiese e moschee, cercarono almeno da un punto di vista puramente civile di portare sviluppo ed un minimo di organizzazione sui quei territori. nel 1939 erano circa 110000 gli italiani residenti in Libia circa il 13% della popolazione totale. Con l'avvento del secondo conflitto mondiale a partire dal gennaio del 1943 la Libia fu occupata dalle truppe alleate, ma nonostante ciò gli italiani presenti sul suolo libico specie nella Tripolitania (praticamente dalla Cirenaica ci fu quasi un evacuazione totale degli italiani) nella stragrande maggioranza dei casi non tornarono in Italia in quanto oramai si sentivano a tutti gli effetti appartenenti a quella nazione. Con il successivo trattato di pace del 1947 il Regno Unito amministrò la Tripolitania e la Cirenaica mentre la Francia ebbe in gestione fiduciaria il Fezzan dalle Nazioni Unite. Il 24 dicembre del 1951 venne dichiarata l'indipendenza con il nome di Regno Unito di Libia con a capo re Idris I. Questo fu un periodo in cui gli italiani in Libia nonostante il nostro paese lentamente e a fatica stava uscendo con le ossa rotte dagli orrori della guerra e del regime fascista continuarono a prosperare ed erano per la maggiore ben visti e rispettati prima dagli apparati inglesi e poi successivamente dal neonato Regno Unito di Libia, in quanto nella maggioranza dei casi esisteva un armonia tra gli emigrati italiani, gli arabi, ed i Tuareg ed anche con la componente ebraica presente sul territorio libico; ancora nel 1962 erano presenti in territorio libico oltre 35000 italiani. Le cose cambiarono notevolmente in peggio per gli italiani a seguito del colpo di stato ad opera di un colonnello dell'esercito libico Mu'ammar Gheddafi nel 1969 che depose re Idris; quindi procedette all'applicazione di un programma di nazionalizzazione delle grandi imprese e dei possedimenti italiani chiudendo anche le basi americane e britanniche. Nel 1970 ci fu poi l'esodo di oltre ventimila italiani ai quali furono confiscati tutti i loro beni in Libia e dovettero con le proprie famiglie vivendo anche gravi momenti di terrore e di apprensione, lasciare il paese in fretta e furia entro il 15 ottobre dello stesso anno. In un discorso del leader libico Gheddafi disse che con gli italiani fu anche indulgente limitandosi solo ad espellerli dal suolo libico quando avrebbe potuto massacrarli per i trascorsi coloniali italiani di cui egli incolpava centinaia di migliaia di persone che oramai da molto tempo erano parte integrante ed attiva della società civile libica, ed avevano contribuito allo sviluppo economico e civile di quella nazione. Ma forse ancora più vergognoso ed incivile fu come rientrarono e furono trattati gli italiani di Libia in fuga da Gheddafi dal governo italiano dell'epoca che non si preoccupò molto di difenderli e tutelarli, anzi furono trattati alla stregua di un peso facenti parte di un retaggio storico da dimenticare mettendoli in albergo o in centri per profughi mettendo a disposizione una nave a settimana per riportarli in Italia. Inoltre al loro rientro in patria queste persone a tutti gli effetti dei profughi, causa forse anche ad una larga disinformazione furono anche tacciati da taluni e da certa stampa di essere venuti a togliere il pane ed il lavoro agli italiani. Quanto scritto è mi è stato stimolato dalla lettura del libro a tratti tagliente e molto polemico dal titolo: LE MIE AVVENTURE E I MIEI RICORDI di un nostro concittadino piacentino ( le cui origini familiari provengono dai Cordani di Groppo Ducale comune di Bettola) Federico Cordani, ( nato a Tripoli ed attualmente residente in Sicilia e dalla veneranda età di 93 anni) il cui nonno emigrò in Libia nel 1912 e le sue seguenti vicissitudini lavorative e familiari di lui in terra africana, e non solo in quanto ebbe delle parentesi dal soggiorno libico in cui rientrò in Italia, in particolare il capitolo del libro in cui descrive il suo soggiorno a Bettola da sfollato nel periodo dell' occupazione nazi-fascista; periodo nel quale fu anche staffetta partigiana in supporto alla lotta di liberazione, ma anche di quando lui e la madre aiutarono la fuga da piacenza di una famiglia di ebrei perseguitati e ricercati dai nazi-fascisti. Certamente se ci furono delle colpe da addebitare a qualcuno in quei periodi storici sopra descritti non vanno cercati nella maggioranza di italiani che andarono in Libia per lavorare ma semmai andrebbero addebitate alle guerre di aggressione coloniale che l' Italia fece nei confronti della Libia, nel periodo di occupazione; considerando però che ogni episodio storico va analizzato e compreso nella sua collocazione temporale, questo al fine di capire le ragioni che portarono molti italiani sulla sponda opposta del nostro mediterraneo. Io credo che l'epopea italiana in Libia nel bene e nel male vada maggiormente approfondita prescindendo da ogni retorica ideologica preconcetta cercando di capire un fenomeno che fu degli italiani in Libia, coloniale o emigratorio che dir si voglia, anche per comprendere l'attuale divisoria realtà politica e sociale libica e tutte le dinamiche ad essa connesse, compresa quella migratoria.

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